“Inclusione e prevenzione: strumenti e risorse per donne detenute”: vi raccontiamo il webinar che ha chiuso il progetto “Libere di stare bene”, edizione 2024.
Il progetto “Libere di stare bene” ha visto Gomitolorosa Ente Filantropico, Fondazione Human Age Institute e Fondazione Severino insieme a supporto delle detenute della Casa circondariale di Rebibbia sezione femminile. Il webinar “Inclusione e Prevenzione: strumenti e risorse per donne detenute”, sul tema delle carceri femminili e sull’importanza della prevenzione e dell’inclusione lavorativa delle detenute, si inserisce nel progetto ed è stato l’occasione per ascoltare esperti del settore, condividere esperienze di progetti sul campo e scoprire strategie per promuovere un reinserimento sociale positivo.
Un’immagine del talk “Inclusione e Prevenzione: strumenti e risorse per donne detenute”.
Sette relatori hanno conversato per circa un’ora su educazione al lavoro, benessere e prevenzione oncologica, i temi portanti del progetto “Libere di stare bene”. Estrapoliamo alcuni passaggi salienti:
Stefania Grea, Segretario Generale di Fondazione Human Age Institute – Manpower Group: «Oggi il tema dell’inclusione lavorativa per le persone che sono in stato di detenzione, o ex detenute da poco, è un tema al centro dell’interesse del sistema Paese. Questo perché si è visto che le persone educate al lavoro, che escono e hanno un impiego, hanno una prospettiva di vita diversa. E soprattutto, la recidiva scende a livelli percentuali veramente molto bassi. Negli istituti penitenziari è importante educare al lavoro, portare il lavoro e impegnare le persone che sono in una situazione “ristretta” in attività che possono loro insegnare a lavorare insieme, verso un obiettivo comune».
Stefania Grea
Agostino Di Maio, membro del Cda di Ebitemp e direttore Assolavoro: «Le persone detenute hanno bisogno di una chance lavorativa e penso che un Paese civile debba offrire loro quest’opportunità. Sono attive tante iniziative per il lavoro nelle carceri, ma nascono nella solitudine più totale perché manca un quadro di riferimento omogeneo che consenta di portare a sistema queste attività, che le agenzie svolgono con Terzo settore, onlus, associazioni della società civile».
Eleonora Di Benedetto, avvocato e consigliera di Fondazione Severino: «La nostra idea iniziale era quella di lavorare sulla formazione e l’inserimento lavorativo delle detenute, ma poiché le detenute spesso hanno molto tempo da trascorrere in questi istituti e sono rinchiuse in un ambiente poco gradevole e poco stimolante, abbiamo iniziato a fare laboratori in ambito artistico, culturale e sportivo. Ci siamo resi conto che queste attività rappresentavano qualcosa di più importante, perché sono delle occasioni per incontrare qualcuno che viene dell’esterno, le stimola a confrontarsi con soggetti terzi rispetto alle esperienze che hanno fatto nella loro vita, sono un ponte con il fuori».
Ivana Appolloni, direttrice generale Gomitolorosa: “Il nostro fiore all’occhiello è la lanaterapia che è oggi presente in quasi 40 unità oncologiche italiane, riconoscendo al lavoro a maglia un potere terapeutico per ripristinare il benessere psicofisico delle pazienti. Rimanere concentrati sui ferri e gomitoli aiuta a percepire di meno il dolore, riduce l’ansia e lo stress, aumenta l’autostima proprio perché prevede un obiettivo e il suo raggiungimento. Il nostro modello l’abbiamo voluto portare alle donne detenute a Rebibbia, con l’obiettivo di portare benessere e solidarietà”.
Maria Grazia Devoti, volontaria Gomitolorosa che ha incontrato insieme ad altre, le detenute per svolgere la lanaterapia: “Ci siamo fatte un sacco di risate! Chi sapeva lavorare all’uncinetto aiutava le altre, chi non sapeva lavorare combinava qualche macello. Ma era quella la cosa bella: la condivisione. Il nostro è stato un rapporto soprattutto emozionale“.
Giorgia Garganese, chirurgo senologo e membro del comitato scientifico Gomitolorosa: «Sono rimasta impressionata dall’attenzione delle donne all’incontro che ho tenuto sulla prevenzione del tumore al seno. Vorrei che ci ricordassimo che sono in condizioni di ristrettezza e di marginalizzazione anche per quanto riguarda l’accesso ai presidi di cura e ai presidi di prevenzione. Esiste per loro un accesso limitato alla possibilità di curarsi, o per lo meno di prevenire e fare diagnosi precoce così come invece è consentito alle donne che non sono in quella stessa condizione. Quest’esperienza mi è servita per capire che bisogna guardare a queste donne con un occhio differente. Bisogna focalizzarsi sul predisporre dei circuiti e dei percorsi che siano diversi da quelli che normalmente si pensano per le donne che sono libere di muoversi».
Ciro Cafiero, presidente Unindustria Lazio, sezione Consulenza e formazione: “Il lavoro dei detenuti è considerato diverso dal lavoro di ogni altra persona e soggetto a una disciplina speciale. Sul piano del diritto dobbiamo forse spingere sull’estensione degli sgravi contributivi previsti dalla legge Smuraglia, ancora limitata a una platea troppo ristretta di imprese. Il lavoro all’esterno delle carceri è decontribuito solo in favore delle cooperative sociali, non di tutte le imprese private che invece accedono a quel 95% degli sgravi della decontribuzione solo nel caso del lavoro all’interno delle carceri, sebbene questi sgravi continuino tra 18 e 24 mesi dalla fine del periodo di detenzione”.