C’è qualcosa di molto antico e profondo nella lana – Dalla scrivania del Presidente
In questi ultimi limpidi giorni di settembre (almeno qui sulla mia isoletta greca, dove mi hanno appena regalato un vello di pecora da usare come scendiletto) sta in bella vista sulla mia scrivania il libro “Il filo infinito” di Paolo Rumiz, edito da Feltrinelli. È un racconto minuzioso e appassionato (come solo Rumiz sa fare) di un giro dei principali monasteri benedettini in Europa e propone la tesi che fu proprio la rete delle abbazie costruita da San Benedetto (da Montecassino a San Gallo fino a Glenstal su in Irlanda) a dare il maggior contributo di ricostruzione dell’Europa dopo le invasioni barbariche.
La cosa ci interessa perché riferisce l’autore che all’abbazia femminile di Viboldone in Lombardia la badessa gli racconta che “Nel Trecento le monache filavano e tessevano la lana mentre i monaci lavoravano alla tintura del panno. Un sistema economico perfetto, dove ogni fase del lavoro si regge su un simbolo”. Il simbolo della filatura rappresenta il lavoro di umanizzazione dell’Europa. Il gomitolo. Che cos’è la vita se non un lungo filo di lana che scavalca mari, fiumi, montagne e frontiere? Risponde Rumiz. Accoglienza, ascolto, solidarietà, canto, lavoro manuale, carità: tutti i capisaldi della regola benedettina, rilanciata in modo formidabile da ondate di monaci che fondarono in un secolo più di cinquecento abbazie. Nemmeno san Francesco ha lasciato una simile impronta.
C’è quindi qualcosa di molto antico e profondo nella lana. Una specie di messaggio silenzioso ma solidissimo che si tramanda nei secoli se non addirittura nei millenni: non ricordo chi mi ha detto che l’arte della filatura è precedente addirittura alla scoperta della ruota!
Noi non ci sogniamo neppure di paragonarci ai monaci benedettini che incantarono perfino i re dei barbari presentandosi disarmati ma vestiti delle loro magnifiche tuniche di lana bianche e nere.
Però nel nostro super piccolo, qualcosa ormai abbiamo anche noi da dire, dopo 9 anni di attività di Gomitolorosa (il nostro compleanno è il 9 ottobre, attendiamo tanti auguri!) e sostanzialmente pensiamo di poter dire che, come sembra dicesse Benedetto, “tutto si può fare. Basta parlare con le persone!”.
Cominciammo con l’idea di reagire alla distruzione della lana che nessuno voleva più, poi abbiamo capito che il gomitolo era simbolo di tante cose e abbiamo fatto i primi in colore rosa pensando alla barbarie del tumore al seno. Altri quattordici colori sono seguiti e si sono spontaneamente moltiplicati i contatti con decine e decine di associazioni che hanno accolto la nostra lana a braccia aperte e l’hanno trasformata in manufatti stupefacenti.
Non abbiamo fondato abbazie (per ora) ma certamente favorito l’aggregazione di centinaia di persone che amano il contatto fisico con la lana, che la sanno lavorare con abilità e che al tempo stesso sono pronte a donare ad altri il risultato del loro lavoro. A proposito è cominciato all’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano lo studio dell’effetto del lavoro a maglia sui ritmi cerebrali.
Tante nostre volontarie si sono già sottoposte ad elettroencefalogramma prima e dopo la realizzazione di un nostro esagono di lana all’uncinetto e non vediamo l’ora di conoscere i risultati. Grazie alla generosità della famiglia Mortara Ottolenghi di Milano che ha finanziato la ricerca saremo i primi ad aver davvero studiato in modo scientifico ciò che accade nel nostro cervello quando lo usiamo per lavorare a maglia (invece che sfogliare nervosamente Facebook).
Il prossimo passo sarà approfondire l’argomento dei disturbi cognitivi e del possibile ruolo del nostro lavoro nei pazienti che ne sono affetti e nelle persone che li assistono. Abbiamo cominciato dalla malattia di Alzheimer dove stiamo testando dei manicotti di maglia di lana coloratissimi suggeritici dalle nostre colleghe della fondazione Ozana di Zagabria in Croazia: nei momenti di ansia e di agitazione il manicotto viene infilato al braccio del paziente che sembra molto attratto dai colori e dalle decorazioni (fiocchetti, palline, ciuffi di lana). L’attenzione si sposta sul manicotto e pian piano torna la calma, senza sedativi né coercizioni. Molto interessante vero?
Ci attende un mese di ottobre molto intenso, come vedete da questa newsletter e speriamo di riuscire a far tutto bene anche questa volta. Ai monaci del Medioevo serviva la pelle di cento pecore per avere la pergamena sufficiente per un libro. A noi basta un chilo di lana per fare 20 gomitoli da affidare a mani affettuose!
Alberto Costa
Presidente Gomitolorosa Onlus