Dalla scrivania del Presidente: come sopravvivere al bombardamento di notizie sul COVID19?
Garcìa Màrquez ha scritto libri bellissimi e tutti lo ricordano soprattutto per il suo “Cent’anni di solitudine”. Ma in questi giorni la sua opera che più merita di essere riletta (o letta per la prima volta per chi non l’avesse ancora fatto) è “L’amore ai tempi del colera”, perché raramente come in quelle pagine sono state così ben descritte le emozioni e le reazioni che tutti stiamo vivendo in queste interminabili settimane.
La tragedia della pandemia di COVID19 è sotto gli occhi di tutti, ma bisogna ammettere che di chiaro e sicuro c’è ben poco. Nessuno ha ancora dato una spiegazione valida del perché l’epicentro europeo è stato proprio da noi in Italia, per esempio. Perché abbiamo tanti anziani? Secondo il sito di Focus, celebre rivista scientifica, l’aspettativa di vita in Italia è in effetti di 82,9 anni, al terzo posto nel mondo. Ma quella francese è di 82,6 e quella svizzera 82,2, quella svedese 81,7. Quindi questa è una spiegazione solo parziale.
Nessuno ha ancora detto con chiarezza se abbia senso o meno produrre un vaccino e se questo sarà una vera soluzione oppure proteggerà solo, come molti temono, dal COVID19, ma non dal COVID 20 o 21. Tutti sanno che il cosiddetto “vaccino influenzale” protegge dai virus dell’influenza che si sono già manifestati, ma non da quelli nuovi che ogni anno si presentano. I coronavirus sono la grande famiglia cui appartengono anche i virus del raffreddore e come sappiamo non esiste vaccino contro il raffreddore, tanto è vero che ad ogni inverno ce ne prendiamo almeno uno.
Nessuno ha poi chiarito come raccogliere i dati in maniera uniforme e quindi comparabile. Alcuni Paesi contano come infetti solo i soggetti che presentano un tampone positivo, ma sappiamo bene che i tests possono dare risultati che si chiamano “falsi positivi”, cioè che la loro accuratezza diagnostica non è del 100%.
Ciò che rende diverso questo virus dagli altri noti in precedenza è la sua capacità di causare una polmonite “interstiziale”. Come dice il nome questa forma virale riguarda gli interstizi dei polmoni ed è quindi molto più difficile da curare.
Gli antibiotici non servono a nulla, per esempio. Per questo si dice che la soluzione sono i respiratori, altro punto fermo, perché il soggetto colpito non ha la forza di respirare da solo, mandando aria nei propri polmoni i cui interstizi sono pieni di virus, ma la macchina sì e per questo i respiratori riescono quasi sempre a far superare la fase acuta. Il sistema immunitario dell’individuo e un bel po’ di paracetamolo poi fanno il resto e se ne viene fuori.
E’ giusto allora cominciare a distinguere il numero di morti DI coronavirus dal numero di morti CON coronavirus, cioè quelle persone già molto anziane o malate alle quali l’infezione ha dato una sorta di colpo finale anche senza essere di per sé la vera causa di morte.
Come oncologo, tuttavia, vorrei mettere in guardia dall’atteggiamento facilone di chi insiste troppo sul fatto che molti dei morti di queste settimane “avevano comunque già una diagnosi di cancro”. Dare spazio a questa interpretazione significa tornare a credere che il cancro è una sentenza di morte, dimenticando il fatto che più della metà dei malati di cancro guariscono. Quanti di questi uomini e donne che oggi escono dagli ospedali dentro una bara sarebbero invece sopravvissuti bene al loro tumore e sarebbero ancora fra noi se non fosse arrivato il COVID19?
Non lasciamoci quindi impressionare dagli “esperti” dell’ultima ora e continuiamo a rispettare le norme che ci siamo dati, il lavaggio delle mani, la distanza di sicurezza, il massimo di isolamento sopportabile ancora per un po’. Fermare il contagio è l’unica strada ed è al momento l’unica risposta possibile al signor COVID.
A Gomitolorosa la produzione di gomitoli di lana autoctona italiana non si è fermata e neppure la loro distribuzione. Dal nostro ufficio centrale di Roma continuano a partire scatole piene di magnifici fili colorati che uniscono centinaia di persone sole e chiuse in casa, confortate dalla possibilità di lavorare a maglia con impegno e con serenità.
Mai come in questa occasione è stato più azzeccato il nostro motto “il filo che unisce”. Mai come in queste settimane i nostri gomitoli hanno portato calore e speranza in tante case italiane. Grazie a chi continua a donare permettendoci di recuperare lana altrimenti perduta e grazie ai nostri operatori e volontari che non si sono lasciati spaventare dall’emergenza.
Chi la dura la vince.
Alberto Costa